joe strummer

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lunedì 27 aprile 2009

Piacere mio!

Chi sono

Mi chiamo Roberto Bossi, ho 43 anni, sono sposato con Enrica da 16 e ho due figli, Cecilia e Massimiliano, che frequentano la scuola elementare di Omate. Ho conseguito la maturità classica e successivamente la laurea in Economia e Commercio. Sono obiettore di coscienza e ho svolto servizio civile presso una cooperativa sociale della provincia di Parma. Ho lavorato poi come dipendente presso diversi Comuni della provincia di Milano, cosa che mi ha permesso di conoscere approfonditamente il mondo degli enti locali. Ultimo tra di essi, ho lavorato anche presso il Comune di Agrate Brianza, dove ho ricoperto il ruolo di responsabile del settore finanziario dall’agosto del 2001 al dicembre 2002. Sono successivamente rimasto nel campo degli enti locali, perché dal 2003 lavoro presso una nota azienda che gestisce servizi pubblici per conto dei Comuni. Nella tornata elettorale del 2009 sono stato eletto in Consiglio Comunale ad Agrate Brianza nella lista Insieme per Agrate . Ho la delega dal Sindaco di Agrate per i progetti di economia solidale (forse sono l'unico in Italia, chissà...)

Cosa mi piace fare

“Ho poco tempo e troppa fame”, cantava qualcuno. Lo stesso vale per me: mi interessano tantissime cose. Mi tengo aggiornato sull’attualità e leggo appena posso, sia saggi che romanzi, seguo il panorama della musica rock da quando portavo i calzoni corti, anche nelle sue varianti meno note e più “underground”, mi piace moltissimo viaggiare, sono uno juventino intristito e un nostalgico di Bob Morse. Pur non essendo un esperto informatico, credo nella rete come strumento di democrazia e di informazione e per questo seguo con interesse i social network e le esperienze utili per “fare sistema” con la rete

Le mie radici socio-politiche

Il mondo che mi è più vicino è quello associazionistico, e in particolare quello legato ai movimenti di base. Sono cattolico e credo fermamente in uno Stato che accolga e contemperi le necessità e le istanze etiche e religiose di tutti i cittadini. Cerco di incarnare il mio modo di essere cattolico operando a favore degli ultimi e contro le ingiustizie. Per questo, ho fatto parte per diverso tempo dell’Ong Mani Tese e ho fatto la mia prima marcia per la pace Perugia – Assisi nel lontano 1993. Molti anni fa, non ricordo neppure quanti, ho frequentato la scuola di formazione socio politica della diocesi di Milano. Negli ultimi tempi mi sono interessato di economia solidale e attualmente faccio parte del Gruppo di Acquisto Solidale (G.A.S.) di Agrate, di cui sono referente. Sono anche donatore Avis, membro fondatore e tesserato del circolo Acli G. Lazzati di Monza e di Greenpeace. Frequento attivamente la lista Insieme per Agrate dal 2003. Non ho, né ho mai avuto, tessere di alcun partito, ma ho simpatie per chiunque, in politica, orienti la propria attività a favore di una maggiore equità sociale e perché ad ognuno sia consentito di costruirsi con dignità il proprio futuro indipendentemente dall'estrazione sociale e dalle possibilità economiche. Finora, a destra non ho mai trovato queste sensibilità, quindi...

Cosa ho fatto ad Agrate

Nel corso dell'amministrazione Poletti bis (2004-2009) sono stato nominato vicepresidente di ASSAB, l’azienda speciale comunale che gestisce le farmacie comunali e che ha costruito il Polo Socio Sanitario. Nella parte finale della stessa legislatura ho fatto parte della Consulta Urbanistica e ho supportato l’assessore competente nella lunga e complicata fase di predisposizione del nuovo piano di governo del territorio. Infine, ancora nella passata legislatura, sono stato anche nominato presidente della Commissione per l’erogazione dei contributi economici ai progetti di cooperazione internazionale

Cosa vorrei fare in Consiglio Comunale
Mi riconosco appieno nel programma della lista Insieme per Agrate e, in particolare, nel progetto laterale “Libertà e partecipazione”, che ho contribuito a costituire e i cui obiettivi ho contribuito a definire. Essi si possono cosi riassumere:

1) Maggiore partecipazione, trasparenza e comunicazione nelle attività della futura Amministrazione: è mia ferma intenzione promuovere processi di partecipazione per i progetti che maggiormente andranno ad influenzare la vita dei cittadini agratesi, affinchè essi stessi orientino direttamente le scelte di massima dell’amministrazione. Porrò attenzione affinchè le iniziative adottate vengano conosciute dal maggior numero di persone possibile con mezzi a basso costo ed efficaci


2) Maggiore attenzione per l’ambiente: vigilerò sulla realizzazione delle opere previste nella pianificazione urbanistica (pgt) perchè l’ambiente venga sempre tutelato, il verde esistente venga tenuto in buone condizioni e il verde previsto venga effettivamente realizzato. Opererò per la diffusione delle energie rinnovabili e il monitoraggio dei consumi per un efficace contenimento energetico degli edifici pubblici


3) Maggiore integrazione e propulsione nei progetti culturali: sono convinto che, accanto al convinto sostegno alle associazioni, l’amministrazione debba sviluppare anche un progetto autonomo e strutturato che trovi la soddisfazione anche di un pubblico giovane e attento ai nuovi linguaggi espressivi e alle nuove forme artistiche. Mi farò parte attiva per costituire un tavolo di confronto che coinvolga tutte le principali realtà che operano con e per i giovani, per progettare trasversalmente e costruire insieme spazi di aggregazione


4) Maggiore attenzione alla programmazione delle attività e alla valutazione dei risultati raggiunti: è giunto il momento di misurare il raggiungimento degli obiettivi sia a livello politico che a livello gestionale, sia in termini assoluti, sia in riferimento alle risorse economiche impiegate. Mi impegnerò affinchè questo diventi prassi comune e consolidata e perché questo metodo di lavoro venga abitualmente adottato per valutare, oltre che l'attività della Giunta, anche l'operato della struttura amministrativa

Se vuoi contattarmi, mandami una mail

7 commenti:

  1. domenica 23 novembre 2008

    Serena analisi politica: Bibì e Bibò hanno rotto i coglioni
    Il bigliettino che il dalemiano La Torre ha passato al vicecapogruppo del PdL alla Camera Italo Bocchino per aiutarlo in un pubblico dibattito a rintuzzare gli attacchi di un esponente dell’Italia dei Valori sarà anche un episodio minore, una scemenza. Ma pare indicativo del clima.

    Una volta questa si chiamava intelligenza con il nemico. Esagerato. Ma resta un dato di fatto: un dalemiano di ferro preferisce stare con An e Forza Italia piuttosto che con Tonino Di Pietro, anche a costo di fare una figura di merda in tivù (cosa puntualmente avvenuta). E non è tutto. Un siluro a Walter Veltroni (come nel caso del sostegno dalemiano al rinnegato Villari eletto con i voti della destra), i dalemiani non lo negano mai. E Walter, se può, rende il dispetto.

    Ora la questione è la seguente, e la sottopongo agli elettori Pd e in generale ai cittadini che sperano in una sinistra capace di contrastare la destra fascio-televisiva che domina il Paese: è possibile andare avanti così? E’ possibile affidarsi ancora a due bellimbusti che fanno politica da mezzo secolo e da mezzo secolo si fanno i dispetti? Bibì e Bibò continuano con i loro giochetti cretini mentre capitan Cocoricò fa il cazzo che vuole. Non è ora di mandarli a casa tutti e due? Si potrebbe obiettare che in quanto a leader del Pd non si troverebbe di meglio, ma si può anche dire che peggio di così non si può. E mo’ basta.

    I due simpatici caratteristi del Pd, l’unica coppia comica che si scambia il ruolo di spalla a seconda della fase politica. E intanto Silvio trionfa. Bravi.

    Pubblicato da Alessandro Aimone

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  2. ma è troppo bello per essere vero!!

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  3. lunedì 27 aprile 2009
    Blog di Emanuela Beacco

    I fantastici anni '80. Dal "Cinghialone" a noi
    Sembra di essere tornati nei fantastici anni '80. Gli anni in cui Bruce Springsteen cantava "Born in the USA" e Zucchero la trasgressiva "Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica" .
    Quando la TV trasmetteva "Flashdance" , "Uccelli di Rovo" e le avventure di Indiana Jones.
    Allora, nei mitici anni '80, il governo del Paese era saldamente nelle mani del maestro. Di Bettino, detto il Cinghialone, che, lo governava all'insegna del motto - parafrasato dall'omonimo Film di Fellini- "La nave va".
    Oggi, quasi due decenni dopo, il timone è passato al suo alunno più promettente. Silvio Berlusconi. Entrambi decisionisti. Uomini veri. Sicuri di sé e dei propri mezzi.
    Spregiudicati. Due veri leader.
    Allora - come oggi - il consenso del Paese nei confronti del capo era altissimo. Né avrebbe potuto essere diversamente, perché Santo Bettino - come Santo Silvio - non scontentava nessuno.
    Ma proprio nessuno.
    Niente nuove tasse. Una pioggia di soldi pubblici a tutti equamente distribuiti.
    Massima tolleranza fiscale. Condoni. Appalti e tangenti a "go, go".
    Ma presto, ben presto, arrivo' anche per l'Italia il giorno del triste risveglio.
    Il Bel paese scoprì, infatti, che quella felicità - quell'illusoria felicità - era destinata a collassare sotto il peso di un debito, che lievitava, lievitava, lievitava,lievitava, lievitava. Un debito fuori controllo.
    Con la carta di credito in mano siamo tutti euforici. Shopping, spese, bella vita, auto di lusso.
    Tutto fantastico, fin quando la Banca non ci ricorda che il nostro conto corrente è andato in rosso... ( i politici e l'informazione manipolata nascondono il debito dietro questioni tecniche sottili, incomprensibili alla maggior parte della popolazione).
    Quando i nodi sono mestamente venuti al pettine, del Paese - sotterrato dalle macerie di Tangentopoli - hanno dovuto prendersi cura altri uomini.
    Meno gaudenti. Dalla faccia un po' triste.
    I Ciampi, i Prodi, i Padoa Schioppa, i quali non avevano un granchè di cui ridere. Che hanno dovuto curare l'Italia, facendole ingoiare l'amara medicina, fatta di fatiche, sacrifici, tasse e tagli.
    Attirandosi le ire e le antipatie di tutti.
    Adesso si torna indietro.
    L'allarme arriva direttamente dal fondo monetario: il debito pubblico lieviterà, in poco più di due anni, dal 105 ad oltre il 120% della ricchezza prodotta.
    Praticamente saranno vanificati tutti i sacrifici degli anni precedenti
    Ma il Governo ed i mezzi di informazione parlano d'altro.
    La classe politica, approfitta della difficile situazione economica per aumentare il debito.
    Urge il rilancio dell'economia. E così - invocando la crisi - si giustifica ogni spesa.
    A dire il vero, qualcuno ha pure tentato di alzare la voce contro questo deleterio sistema.
    La scorsa settimana, il Presidente Napolitano ha, infatti, protestato contro il "trucchetto" di inserire, in sede di conversione dei decreti legge, emendamenti che comportano spese per svariati milioni di euro.
    Ma la notizia delle rimostranze del Capo dello Stato ha avuto ben poca vita sulle prime pagine dei giornali.
    La protesta è stata offuscata da altri e ben più rilevanti problemi: come quello di decidere se tenere il G8 in Sardegna o in Abruzzo, oppure, ancora più fondamentale, del kebab da mangiare in strada.
    Siamo ringiovaniti di vent'anni e continuiamo le nostre suicide danze (in un clima meno euforico) sul Titanic. Nell' (illusoria) speranza, che questa volta, però, non affondi

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  5. Febbre suina: tra delirio economico e follia ambientale

    Un dato di partenza per inquadrare nella sua giusta dimensione la questione dell'influenza (o febbre) suina è quello del tasso di mortalità di questa malattia di cui a stento qualcuno parla in questa bagarre che si è scatenata sui media: l'ipotesi avanzata dall'European Centre for Diseases Prevention and Control (Ecdc), un'agenzia dell'Unione Europea, è quella di un tasso di mortalità simile a quello dell'influenza stagionale, che negli over 65 è pari all'1%. Questo è quanto ha affermato in questi giorni in una conferenza stampa a Stoccolma Angus Nicoll, capo del Programma influenza ente europeo.
    Certo, la situazione è in continua evoluzione e viene costantemente tenuta sotto controllo, ma questo è il punto fermo da cui occorrerebbe partire.
    In secondo luogo va anche sottolineato che i casi di morte che si sono avuti in Messico (8 su un totale di 99 persone infettate) non sono stati ancora analizzati al meglio nella loro evoluzione patologica.
    C'è addirittura chi mette in dubbio la causa virale da febbre suina come la causa determinante della morte di tali soggetti. E non è una persona qualunque colei che fa questa affermazione bensì Tereza Brugal, presidente della Società spagnola di epidemiologia, che in una intervista pubblicata nel sito del quotidiano spagnolo El Mundo dichiara che tali decessi potrebbero anche essere dovuti ad un insieme di altre concause aggravanti come ad esempio il ritardo nella diagnosi e nel trattamento dell'infezione (per l'inadeguatezza del sistema sanitario messicano), un debole sistema immunitario da parte degli infettati e la presenza di altre patologie pregresse (per le cattive condizioni alimentari e igieniche in cui vivono moltissimi messicani; Città del Messico è infatti una delle città più popolose e inquinate del mondo).
    I media, tuttavia, puntano più sul numero complessivo di pazienti colpiti cercando di suscitare maggior ansia e coinvolgimento generale e rimanendo ambigui rispetto al numero di casi effettivamente mortali. Sicuramente ci sono dunque altre motivazioni in gioco. Non per niente il costo dei vaccini influenzali in Messico in questo periodo è quasi decuplicato. Una manovra farmaceutica a livello internazionale in questo senso non è da escludersi. Del resto, è già accaduto in passato.
    A partire da queste premesse che riflessioni si possono fare?
    La prima che mi viene in mente è ovvia ed è sempre la stessa per ogni allarme di tipo “alimentare”, ossia la condizione grave in cui gli animali da carne vengono allevati, con mangimi “monotematici”, in spazi angusti, sovratrattati farmacologicamente e magari a contatto con nitrati ecc. È chiaro che in queste situazioni i virus hanno buon gioco nella loro corsa alla riproduzione, alla mutazione e alla colonizzazione degli organismi. Lo stretto contatto con gli allevamenti intensivi, e magari in condizioni di scarsa igiene, pare il mix necessario per la trasmissione del contagio all'uomo (così come pare sia accaduto per il primo caso accertato in Messico).
    Tutto, però, è molto controverso.
    Ad esempio, l'Organizzazione mondiale per la salute animale sostiene che non vi sono focolai di influenza suina negli allevamenti di maiali messicani e che non è dimostrata alcuna trasmissione tra le due specie, perlomeno non in questa occasione.
    Un altro aspetto della questione è che, a fronte di quello che sta accadendo, dovremmo perlomeno riflettere sul fatto che la produzione di animali clonati, e quindi con lo stesso patrimonio genetico, come da più parti si auspica ormai col sostegno dell'industria biotech, ci metterebbe in realtà in una situazione catastrofica di fronte a eventualità di pandemie generalizzate, dato che solo la diversità “individuale” può trovare le strategie per far fronte a questo tipo di situazione biologica.
    È la biodiversità che va incentivata. Non l'omologazione.

    Altra riflessione che inquadra il tutto da un altro punto di vista: ma quanto ci sta nuocendo viaggiare come folli intorno al mondo in aereo per i motivi più disparati, superficiali e assurdi? Questo frenetico traffico mondiale di persone, animali e oggetti cosa sta causando a noi stessi e al pianeta? Quante piante e animali esotici stanno devastando i nostri ecosistemi e viceversa? Quanti insetti e batteri, e appunto anche virus, viaggiano beati incontro a “paradisi fiscali” dove non hanno antagonisti? Ma cosa stiamo esattamente facendo? Boh.
    Eppure, perlomeno fino al 28 aprile scorso, l'OMS ha “ribadito con forza” che non si raccomandano né chiusura delle frontiere né restrizioni ai viaggi internazionali. L'importante, secondo la massima organizzazione mondiale che dovrebbe tutelarci a livello sanitario, è rimanere “calmi e razionali”, che probabilmente, tradotto nella lingua del mercato della salute, significa vaccinarsi o munirsi di antivirali e continuare a spendere e spandere in ogni ambito. Primum non nocere... al salvadanaio del sistema.
    Ultimo dato di fatto su cui spendere una parola: un essere umano è costantemente a contatto con batteri e virus di ogni genere. Virus e batteri possono sì avere un potenziale nocivo, ma questo deve fare i conti con il nostro sistema immunitario. E non è una differenza da poco, altrimenti saremmo estinti come specie già da un pezzo. Se un sistema immunitario è equilibrato e in buona forma i rischi di complicazioni gravi dovuti a un'infezione si riducono moltissimo. Salvaguardare quindi con l'alimentazione e lo stile di vita il proprio benessere psicofisico è sempre e comunque un buon investimento. Anche per il Pianeta. Ad esempio, mangiare poca carne oltre che a garantire un migliore stato di salute a chi lo pratica consentirebbe di limitare il numero di allevamenti e conseguentemente di aumentare gli spazi e/o il modo di allevare gli animali destinati all'alimentazione umana. Il che ridurrebbe la loro sofferenza. Se poi si volesse divenire vegetariani... la febbre dell'oro non ci contagerebbe.

    Valerio Pignatta

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  6. Dai GAS ai GAST
    È venuto il momento di cercare di spiegare questa faccenda dei GAST, premettendo che è qualcosa che mi gira in testa, ma che non ho avuto il tempo di definire completamente. Non ci ho neppure provato, perché una definizione completa dovrebbe maturare attraverso un bel lavoro di pensiero collettivo e il tempo per sperimentarne i risultati.
    Sono abbastanza sicuro però che il modello dei GAS abbia compiuto il suo tempo e svolto egregiamente la sua meravigliosa opera di trasformazione culturale.
    I GAS (Gruppi di Acquisto Solidale) hanno a mio parere una caratteristica molto precisa: nascono e si sviluppano come circuito di acquisto alternativo a un mercato principale. Nei GAS si ritrovano persone che vogliono compiere scelte più etiche e consapevoli, sottraendosi alle mille insidie del mercato della crescita.
    Fin qui tutto bene, ma i tempi cambiano e anche grazie al prezioso lavoro dei GAS è arrivato il momento di passare alla fase successiva. Bisogna cominciare a contaminare e a trasformare il mercato “normale” quello da cui fino ora si cercava di stare lontani.
    Nella logica dei GAS ci sono infatti alcuni aspetti che portano verso scelte che non sono sostenibili e che per la loro scomodità continuano ad escludere da questo circuito moltissime persone. Chiunque appartenga a un GAS ha sperimentato difficoltà in fase di ordine dei prodotti (specie se si tratta di prodotti freschi e deperibili), il peso delle gestione degli ordini stessi, la scomodità di ritirare la merce solo in una dato momento, ecc.
    Spesso si generano per le consegne molti viaggi in auto, si percorrono molti chilometri e tutto questo non è molto sostenibile. Poi, mano a mano che un GAS cresce, si trova ad affrontare alcuni dilemmi. I più grandi affittano magazzini per stivare le merci e si trovano ad assomigliare molto a veri e propri grossisti (anche se etici).
    Modifichiamo la formula
    Così ho pensato che nel modello GAS si potrebbe fare una variazione passando da Gruppi di Acquisto Solidale a Gruppi di Acquisto Sostenibili di Transizione.
    Sostenibili perché a mio parere il concetto di sostenibilità non riguarda solo la “meccanica e il ciclo” delle risorse. La sostenibilità deve e non può che essere anche un fattore sociale e contenere in sé solidarietà, etica, trasparenza, equità. Tutto il processo di acquisto deve essere “sostenibile”, se per avere una zucchina biologica si consumano 6 litri di benzina il processo non sta funzionando.
    Inoltre il GAST dovrebbe essere integrato in una più ampia iniziativa di transizione del sistema (ecco la contaminazione del mercato attuale). Il GAST dovrebbe operare perché prodotti sostenibili arrivino nei negozi normali. La logica dal produttore al consumatore ha molti limiti. Funziona bene e risulta veramente sostenibile solo in certi casi particolari.
    Parlando con gli agricoltori ci si rende conto che se oltre a coltivare questi devono gestire un canale di vendita, a un certo punto hanno bisogno di una strutturazione (che significa costi). Serve qualcuno che vada al Farm Market, che prepari i prodotti in un certo modo, servono tempo e soldi. Ciò che si pensa di risparmiare evitando il passaggio in negozio in realtà, nel migliore dei casi, si evita solo parzialmente.
    Dal produttore al consumatore, sicuri che sia una buona idea?
    I negozi sono nati in epoca preindustriale e hanno un preciso senso logistico. Credo che se ci si limitasse a un solo passaggio intermedio tra produttore e consumatore (cosa che in una logica di filiera corta mi pare possibile) i costi rimarrebbero ragionevoli e aumenterebbe notevolmente l’efficienza del sistema. Così zucchine, pomodori e pere prodotti da fornitori diversi sarebbero reperibili comodamente presso un unico punto vendita. Se poi questo punto vendita fosse in grado di gestire consegne a domicilio ben organizzate, magari con un veicolo elettrico rifornito da un bell’impianto a energia rinnovabili, ci staremmo avvicinando molto a una situazione di grande sostenibilità.
    Ma la parola Transizione, nella sigla starebbe anche a indicare un certo tipo di sguardo complessivo di cui il GAST sarebbe portatore. Sappiamo che la resilienza delle nostre comunità dipende dalla ridondanza dei sistemi che sapremo costruire. E quindi il GAST dovrebbe operare per differenziare i sistemi di approvvigionamento alimentare sostenendo parallelamente alla “riforma” del mercato, la nascita di orti, fattorie sociali, la riscoperta delle verdure spontanee, la nascita di foreste edibili permanenti, l’autoproduzione, il reskilling, ecc.
    Come fare tutto questo?
    Il modello della Transizione fornisce già moltissimi degli strumenti necessari, principi di riferimento e un grande paradigma a cui ispirarsi. Se mancasse qualcosa lo inventiamo, che problema c’è?
    Mi piacerebbe moltissimo che qualcuno organizzasse un grande Open Space con tantissimi “gasisti” per far nascere mille idee su questo tema. Credo che emergerebbero cose splendide.

    Articolo tratto da Io e la transizione

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  7. La notizia trova spazio su tutti i maggiori quotidiani europei, ma i giornali italiani, troppo impegnati a seguire le vicende coniugali del premier ormai divenute argomento fisso delle prime pagine, hanno evitato di farne menzione o si sono limitati a relegarla in qualche trafiletto.

    L’ONU, come dichiarato in conferenza stampa da Ban Ki – moon, ha fatto pervenire ad Israele una richiesta di risarcimento di 7,8 milioni di euro, in seguito alla relazione della commissione che ha indagato in merito agli attacchi contro il personale e le strutture delle Nazioni Unite, compiuti dall’esercito israeliano durante l'operazione Piombo Fuso dello scorso inverno che ha causato la morte di oltre 1500 palestinesi.

    Il risarcimento riguarda i bombardamenti (in alcuni casi con l’utilizzo del fosforo bianco) a Gaza da parte dell’esercito israeliano di 3 scuole, un ospedale e la sede delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Bombardamenti che hanno causato circa 50 morti ...

    ... e in merito ai quali la commissione d’indagine ha individuato gravi colpe dei militari israeliani che non avrebbero preso le necessarie precauzioni, né fatto gli sforzi necessari, volti a garantire il rispetto dell’inviolabilità delle Nazioni Unite e la protezione delle migliaia di civili che avevano cercato rifugio negli edifici dell’ONU.

    La commissione ha inoltre domandato l’apertura di un’indagine riguardante eventuali violazioni del diritto internazionale, concernenti l’utilizzo del fosforo bianco in zone densamente popolate, da parte dell’esercito israeliano, sempre nel corso dell’offensiva su Gaza.

    L’iniziativa dell’ONU è estremamente importante, in quanto suona come una condanna senza appello nei confronti dei massacri di civili palestinesi, compiuti dall’esercito israeliano nel corso dell’operazione Piombo Fuso. Dispiace constatare una volta di più come i grandi giornali italiani, soggiogati dalla lobby che li gestisce, non abbiano saputo cogliere l’importanza della notizia, ma si siano limitati a constatarne la “scomodità”, relegandola nel novero dell’informazione da sottacere per non incorrere nell’ira del padrone.

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