joe strummer

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mercoledì 16 giugno 2010

Anch'io voglio essere intercettato

Inizio a pensare che ormai l'escalation nella gara a chi le spara piàù grosse non finirà più. Ogni giorno ne leggeremo una più simpatica dell'altra, fino alla fine del mondo (o, più facilmente, al disfacimento del nostro paesello). Oggi il pelato più capelluto d'Italia ha detto, tra applausi scroscianti (e striscianti) della platea degli industriali, "Siamo tutti spiati: 150 mila telefoni controllati. Considerando 50 persone per ogni telefono, vengono fuori così 7 milioni e mezzo di persone che possono essere ascoltate."

C'è un piccolo dettaglio che mi sfugge, anche facendo finta che questi dati siano veri (anche se mi sembrano presi dalle estrazioni del lotto). Come mai, con sette milioni e mezzo di italiani spiati, alla fine pigliano sempre lui che si organizza la serata con le amiche, che cerca di seccare giornalisti comunisti e che briga con i più loschi figuri del paese? Anch'io vorrei essere un pochino intercettato, nel mio piccolo, e scoprire su qualche giornale locale (perchè tutto è in proporzione, questo mi pare ovvio) la trascrizione delle mie telefonate, mentre faccio la nota della spesa, mentre parlo con il mio capo o, soprattutto, mentre auguro malattie invalidanti a qualche politicante romano, dimostrando un senso della patria degno di un mercenario della legione straniera.
Questo è ciò che distingue un paese civile dalla barbarie, altro che balle. E se poi per avventura qualche migliaio di mafiosi, trafficanti di stupefacenti, terroristi (ma guarda un po' che strano, ieri il ministro della paura ce l'aveva con i terroristi, oggi però non gli servono le intercettazioni per stanarli, a volte il mondo è veramente bizzarro), e non so che altro dovessero rimanere a piede ibero, beh, questo, diciamo, fa parte della socializzazione degli inconvenienti. D'altronde, lo sappiamo, il mondo perfetto non esiste.

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