joe strummer

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giovedì 17 giugno 2010

Carlo Colombo e gli operai a spasso

Ecco, finalmente un argomento serio su questo blog. Ieri sera ero in giro accompagnato da loschi figuri, quando mi è arrivato un sms che mi avvertiva dell’avvenuta occupazione del tetto della Carlo Colombo, nella nostra Agrate, da parte degli ex lavoratori. Pensavo fosse una news fresca di inchiostro, ma poi ho scoperto che in realtà il pomeriggio aveva avuto momenti anche piuttosto caldi. Quando sono arrivato io nel parcheggio c’erano soprattutto i lavoratori, con un viavai piuttosto sostenuto di persone e di auto. Una volante dei carabinieri vegliava su ipotetiche violazioni della legalità, ma il clima sembrava tutt’altro che pesante. Però sul tetto di quel capannone c’erano 6 persone che, con o senza megafono, comunicavano con i colleghi in strada, spesso scherzando, tanto da far apparire la situazione un po’ paradossale. Intorno alla mezzanotte ormai tutti iniziavano a salutare e a fare gli auguri. Noi ci siamo fatti raccontare da Antonio e da Marcelo cos stava era successo nell’ultimo anno, come si era arrivati a quella situazione e cosa avrebbero fatto. Storie purtroppo tante volte già sentite, di padroni ricchi sfondati e di operai con 37 anni di esperienza e 800 euro netti di stipendio, di dirigenza ponziopilatesca di fronte al grande spettro della chiusura, di lavorazioni pericolose fatte con dubitabili cautele, di gestioni finali avvolte nel mistero, di passivi che si dilatavano a vista d’occhio senza apparente spiegazione, ma soprattutto di grandi promesse e di schiene girate.
Stavolta queste storie ci sembrano diverse sono davanti al portone di casa nostra, ma in realtà sappiamo tutti che, alla fine, si tratta del solito minestrone che ci è stato cucinato e riscaldato un sacco di volte. Il falso mito dell’economia di mercato ha messo in ginocchio i sistemi di produzione di tutto il mondo e piano piano è giunto fino a noi (non viene dalle stelle, direbbe Battiato. Forse Tremonti la penserebbe diversamente, ma amen). E purtroppo, a leggere i giornali, ST e Numonyx, Star, Linkra, Uquifa sono tutte aziende che, per effetto della crisi economica, potrebbero creare ulteriori e gravissime difficoltà ai lavoratori. Forse le persone che ho visto si erano ormai riconciliati con la frustrazione e la depressione, perché, pur senza conoscere niente e nessuno, ho avuto l’impressione di persone consapevoli, agguerrite ma anche serene. Persone che sanno cosa stanno facendo ma che sanno anche riderci sopra, qualità che apprezzo quasi sopra ogni altra nelle persone. Perché, nonostante le battute, quei sei ragazzi hanno passato la notte lì, e probabilmente ne passeranno diverse altre, prima di scendere e quel secchio che calavano continuamente dal tetto sarà il loro unico contatto materiale con la vita che va avanti. Nessuno piangeva, nessuno smoccolava.
Dalla strada una Clio si è illuminata per far ritorno a casa e un bambino ha gridato “Ciao papone!”. Da sopra, un altoparlante gli ha risposto “Ciao Marco!”. E’ stato un attimo pensare che lì su quel tetto c’erano e ci saranno non solo tutti i lavoratori che sono stati ingannati dalla proprietà, che prima ha firmato un accordo di ricollocazione dei dipendenti e poi ne ha fatto carta igienica, ma anche le loro famiglie, con la loro fiducia, il loro calore e il loro affetto, a ricordare che il carico della perdita del posto di lavoro, come tutte le gioie e i dolori della vita, vanno equamente divisa tra tutti. Uno sgravio di coscienza che fa la differenza non solo tra la serenità e la depressione, ma a volte anche tra la vita e la morte.
Oggi ho fatto una proposta alla lista Insieme per Agrate che spero venga accolta, quella di promuovere un unico soggetto tra tutte le forze politiche agratesi che stia vicino a queste persone, li aiuti a organizzare eventi e comunicazione e faccia conoscere la loro situazione a più persone possibile. Niente schieramenti, niente bandiere, per tenere lontanissimo il benché minimo sentore di speculazione su una vicenda così brutta e insieme così delicata. Servirà a poco, ma qualsiasi poco, di fronte a persone che, a prescindere alla loro volontà rischiano di perdere anche la casa, per me è comunque un dovere.
Vi abbraccio, ragazzi.

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